A Natale si è tutti più buoni, ma si mangia anche più buono nelle case degli Italiani. Una delle tradizioni enogastronomiche più ricche e interessanti è sicuramente quella romana (e laziale in generale). Scopriamo insieme le tradizioni del Natale in Lazio con la loro magia.
Non è forse vero che l’attesa del piacere è essa stessa il piacere? Su questo principio si basa il cenone della Vigilia della tradizione capitolina. L’usanza vuole che il 24 dicembre sia una giornata “di magro” in attesa del grande banchetto del pranzo di Natale. Quindi in tutti i piatti del cenone della Vigilia c’è un’unica regola sacra: niente carne!
Secondo la tradizione, si dovrebbero cucinare solo cibi poveri e leggeri. Da tempo è consuetudine mangiare di mare. La scelta del pesce proviene da un’antica usanza romana risalente al XII secolo, ossia il “rito della spesa del cottio”.
La notte del 23 dicembre tutte le donne matriarche romane si recano al mercato del pesce per assicurarsi il pescato più fresco e saporito per il Cenone di Natale. Fino ai primi dell’800 il mercato del pesce si svolgeva nel ghetto ebraico al Portico d’Ottavia, successivamente si è trasferito a San Teodoro e poi ai Mercati Generali.
I piatti tipici della Vigilia sono: il baccalà sia fritto che in umido, l’arzilla in brodo di broccoli, spaghetti con vongole veraci e frittura mista di gamberi e calamari accompagnata da verdure pastellate. Il dolce tipico natalizio nel Lazio è il pangiallo, realizzato con un impasto di miele, frutta secca e zafferano. La ricetta risale addirittura alla Roma imperiale.
A Natale c’è il trionfo della carne sulle tavole romane. Si inizia con il brodo di gallina, per proseguire con l’abbacchio al forno con le patate (da mangiare rigorosamente con le mani) e la coratella, ossia le interiora intere dell’agnello e si finisce con i dolci tipici della tradizione del natale in Lazio:
Il 26 dicembre la tradizione romana propone alcuni piatti per pulire stomaco e coscienza. Due piatti di origine popolare sono la stracciatella (che non è il gelato, ma un brodo di carne delizioso) e il lesso alla picchiapò (il nome deriva da una favola romanesca in prosa di Trilussa o dal modo in cui veniva tagliata e “picchiata” la carne prima di bollirla con le patate).
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