Regione che vai tradizioni che trovi. L’Abruzzo, con le sue bellezze paesaggistiche, la candida neve e le luci natalizie che illuminano i paesini, è una terra ricca di tradizioni tramandate di generazione in generazione e ancora oggi fortemente sentite dagli abitanti del luogo.
Il magico rito del ceppo ne è un esempio. La tradizione vuole che si lasci ardere un ceppo dalla notte della Vigilia di Natale fino alla notte di Capodanno, senza farlo mai spegnere. Il ceppo che arde, chiamato tecchia in dialetto abruzzese, simboleggia l’anno che volge al termine portando via con sé ogni cosa, bella e brutta, gettando nell’oblio tutti gli eventi accaduti nel corso dell’anno.
Ogni famiglia abruzzese si riunisce al momento dell’accensione del fuoco propiziatorio recitando una formula magica di buon auspicio: “Si rallegri il ceppo, domani è il giorno del pane. Ogni grazia di Dio entri in questa casa. Le donne facciano i figlioli, le capre caprette, le pecore agnelletti, abbondi il grano e la farina e si riempia la conca di vino”.
Una volta compiuto il rito, la notte di San Silvestro la cenere del ceppo arso veniva sparsa nella terra per renderlo fertile per il nuovo anno.
Nel borgo di Tufillo, si tiene ogni anno un’altra usanza legata al fuoco. Il 24 dicembre si celebra la notte dei Faugni. Le origini di questo rito si perdono la notte dei tempi, addirittura risalgono al 431 d.C. La farchia, un tronco lungo 20 metri, è la protagonista di questo rito propiziatorio. A mezzanotte del 24 dicembre il rito si compie dinanzi alla chiesa di Santa Giusta dove viene appiccato il fuoco mentre gli abitanti intonano canti natalizi e mangiano dolci tipici come torcinelli, cagionetti, biscotti di mandorle e pizzelle.
Un altro rito interessante si celebra il 23 dicembre a Lanciano: la squilla. Le origini di quest’usanza risalgono al ‘600 quando l’arcivescovo Tasso il 23 dicembre 1607 percorse scalzo la chiesa dell’Iconicella dal suo palazzo suonando una campanella durante il tragitto. Il suo pellegrinaggio ricordava quello dei pastori verso la grotta di Betlemme. Oggi in Abruzzo il suono delle campane il 23 dicembre dalle 18 alle 19 segna l’inizio delle festività natalizie e tutti gli abitanti scendono nelle piazze a scambiarsi gli auguri.
A Santo Stefano, invece, la notte del 25 dicembre si tiene la “ntosse”, una processione con fiaccole accese fino alla chiesa dove viene appiccato un grande fuoco che ricorda ancora una volta il cammino dei Re Magi fino alla grotta del Bambin Gesù.
In Abruzzo, come le altre regioni d’Italia, è caratterizzato da piatti tipici natalizi che si portano in tavola fra questi in particolare vanno nominati:
Il pranzo di Natale si conclude con i dolci tipici della tradizione del natale in Abruzzo che sono il parrozzo, una pagnotta di granoturco con mandorle, cotta al forno e ricoperta di cioccolato. O ancora i calcionetti ripieni di purea di marroni, ma vi sono anche nelle varianti con ripieno di confettura di uva o cacao e mandorle.
Non possiamo che concludere col detto abruzzese: “Dove ci magne ddu’ ci magne pure tre” che tradotto significa – dove si mangia in due si mangia anche in tre – (quante volte lo ho sentito dire dalla mia cara nonna e non abruzzese ma veneta dove il piatto tipico del Natale era la Pearà.
Potrebbe interessarti leggere anche: