Si dice che la Sibilla Cumana non sia mai esistita. Che tutte le testimonianze e scoperte nei pressi del Lago d’Averno nonché la famosa grotta nota come “Antro della Sibilla” siano solo coincidenze o fantasie storiche. Si dice che nessuna donna bella e solenne abbia mai dato responsi e profezie sul futuro in quelle grotte a Cuma.
Ma qual è la vera storia della Sibilla Cumana? Esisteva davvero? Non ci resta che addentrarci nel mondo del mito.
Nel VI libro dell’Eneide Virgilio narra del condottiero Enea che si reca dalla sacerdotessa di Apollo nell’antro della Sibilla a Cuma, nel comune di Bacoli, affinché lo accompagni all’Ade (identificato con il lago d’Averno, considerato dagli antichi l’ingresso per il regno degli Inferi e il passaggio per l’Oltretomba) per comunicare con il padre morto Anchise.
La figura della Sibilla Cumana nasce nell’antica Grecia. Era la sacerdotessa di Apollo, dio del Sole o meglio “la sposa del dio”, la cui volontà era sacra e indiscutibile. Le Sibille erano giovani fanciulle vergini consacrate al culto del dio Apollo, il quale in cambio gli conferiva il dono di predire oracoli sul futuro attraverso un “soffio divino” che le induceva in uno stato di furor (invasamento).
I responsi, ossia gli oracoli, erano trascritti su foglie di palma lasciati sul suolo e fatti sibilare dal vento proveniente dalla grotta. Una scena davvero affascinante se riusciamo ad immaginarla. Secondo la tradizione, tutti gli oracoli andavano poi a formare i Libri Sibillini, i volumi più rari e ricercati dell’antichità.
Furono portati a Roma, dove bruciarono nell’incendio sul Campidoglio dell’83 a.C., da Tarquino Prisco, il quale chiese alla Sibilla Cumana di acquistarli, ma rifiutò perché la richiesta era eccessiva. La profetessa allora bruciò i primi 3 volumi, poi altri 3, finché il Re bramoso di averli per consultarli acquistò gli ultimi 3 rimasti ma al prezzo dei 9 iniziali.
Le Sibille vivevano una vita molto misteriosa e solitaria. Si nutrivano solo di foglie di lauro e trascorrevano tutta la loro esistenza all’interno di una grotta in attesa di viandanti, ma anche re e condottieri, che venivano a chiedere un oracolo. A seconda della zona prendevano un nome diverso: Sibilla, Amaltea, Demofila o Erofila. Tanti nomi per una sola donna: ma qual è la sua vera storia?
Si narra che nacque in una grotta in Lidia e che la madre fosse una ninfa che si era unita ad un tale Teodoro, un mortale. Le grotte furono il suo destino fin dalle origini. Non ebbe infanzia, perché appena nata crebbe all’istante e anziché piangere iniziò a profetizzare versi. Così niente giochi e niente spensieratezza, il padre decise contro la sua volontà di obbligarla a diventare sacerdotessa del Dio Apollo.
La Sibilla Cumana era bellissima con capelli corvini molto lunghi e pelle cerulea. Il bellissimo ed ammaliante dio Apollo, tra tante donne, scelse lei che era bella più di tutte le donne, bella come una dea. Bramoso di averla, la giovane Sibilla si rifiutò. Ma il dio insisteva, avrebbe esaudito ogni suo desiderio.
La Sibilla allora chiese l’immortalità, o meglio chiese di vivere tanti anni quanti i milioni di granelli di sabbia dorata della spiaggia che racchiudeva nel pugno della sua mano. Ma la bella fanciulla si dimenticò di chiedere l’eterna giovinezza. Passarono gli anni, i secoli. Lei non sarebbe mai morta, non avrebbe mai varcato la porta dell’Ade. Si consumò il suo corpo, e rimase solo la voce, quella voce che ancora oggi dimora nell’antro della Sibilla a Cuma. Si narra che un pugno di sabbia della sua terra natia (la Lidia, poiché fu Apollo che la portò a Cuma) possa sciogliere la maledizione del dio, liberarla da quella grotta e facendole così varcare la porta dell’Averno e riposare finalmente in pace.
Che ci crediate o no se vi trovate in Campania non dimenticate di andare a visitare questo luogo magico!
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