Scopriamo insieme la storia e le curiosità che ruotano intorno alla pajata, piatto tipico della cucina romana.
La “pajata” rappresenta un’icona della cucina di Roma: il nome, nel dialetto romanesco, fa riferimento alla parte iniziale dell’intestino tenue di un vitellino ancora allattato. Tale ingrediente è fondamentale per preparare i famosi rigatoni con la pajata. Scopriamo, dunque, insieme la stori e le curiosità su questo piatto.
La storia della pajata, piatto tipico della cucina
Il termine “pajata” è strettamente legato ai rigatoni con pajata, piatto profondamente radicato nella tradizione romana. Non tutti sono a conoscenza che la pajata, o “pagliata” in italiano, si riferisce al duodeno del vitellino da latte.
Tale segmento intestinale, ricco di chimo – un derivato della digestione del latte materno – si presenta con un colore biancastro, una consistenza densa e un sapore erbaceo.
Anche se è considerata una prelibatezza dagli intenditori, la pajata può far storcere un po’ il naso, in quanto rappresenta una frattaglia legata alla digestione. Il famoso film “Il Marchese del Grillo” con Alberto Sordi, illustra tutto ciò in una scena memorabile in cui il protagonista fa assaggiare il piatto ad un’ignara cantante lirica.
Per quanto riguarda la preparazione, la pajata richiede un’attenta pulizia del grasso e della pellicola che riveste l’intestino, compito – di solito – affidato al macellaio. Una volta pronta, l’intestino è tagliato in sezioni, legate a formare anelli o salsicce, e cucinate lentamente in un soffritto con cipolla, vino bianco e passata di pomodoro, per poi essere amalgamate ai rigatoni e insaporite con pecorino romano.
Le curiosità legate a questo piatto
La concezione della pajata è legata alla pratica di utilizzare il “quinto quarto” nelle cucine romane e laziali, una tradizione che risale alla cucina giudaico-romana del Ghetto.
Le frattaglie, un tempo cibo delle classi meno abbienti, sono diventate parte della dieta popolare con la creazione dei mattatoi, e piatti come la pajata e la coda alla vaccinara sono ormai simboli della cucina romana: di solito, sono culinaria, serviti in locali storici come Checchino dal 1887.
Dal 2001 al 2015, la pajata è stata proibita a causa delle leggi europee contro l’encefalopatia spongiforme bovina: ciò, nei fatti, spinse i ristoratori a sostituire il vitello con l’agnello.
Solo con la dichiarazione, realizzata per l’Italia come “Paese a basso rischio” il prodotto è ritornato nelle cucine. Curiosamente, la pajata è diventata protagonista anche nel linguaggio giornalistico, usata per descrivere un evento politico nel 2010 noto come “il patto della pajata“.
Nel contesto della cucina romana, i rigatoni rimangono, ad ogni modo, l’unica pasta ammessa ad accompagnare la pajata e ciò fa capire, senza dubbio, quanto sia autentico questo piatto tradizionale.