“Il mio unico piacere era quello di recuperare la libertà senza la quale non volevo più vivere. Non facevo altro che pensare alla fuga perché ero persuaso che ci sarei riuscito soltanto a forza di pensarci”. Con queste parole del celebre Giacomo Casanova iniziamo la storia che vogliamo raccontarvi oggi quella delle prigioni del Palazzo Ducale di Venezia. Un luogo avvolto nel mistero e di cui tutti i cittadini della Serenissima avevano timore più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Vi dice nulla la famosa tortura della goccia? Era solo uno dei tanti metodi crudeli e sadici che all’epoca erano usati per estorcere la verità ai condannati, spesso poveri sventurati colpevoli di tradimento. Basta un’anonima denuncia qualsiasi, giunta per via epistolare al Palazzo Ducale o meglio alla celebre Sala della Cancelleria, per innescare l’iter giudiziario e la macchina delle torture. Se siete curiosi di scoprirne di più di questa inquietante storia non vi resta che continuare la lettura di questo articolo.
Il ponte dei sospiri e le prigioni nuove
La giustizia nella Serenissima era qualcosa di molto, ma molto serio. Nessuno, ricco o povero, colpevole o innocente, poteva sfuggire alla presa dei membri accusatori. Talmente alto era il numero dei detenuti e l’odore maleodorante delle prigioni, che ben presto fu necessario costruirne di nuove (le prigioni nuove appunto). Correva l’anno 1563 e il nuovo progetto fu affidato ad Antonio da Ponte (l’architetto del Ponte di Rialto). Le celle del nuovo edificio potevano ospitare fino a 400 detenuti, suddivisi gerarchicamente in base alla gravità del peccato commesso. Dopo il processo a Palazzo Ducale, i prigionieri erano condotti alle prigioni nuove tramite il famoso Ponte dei sospiri, chiamato così perché secondo la leggenda ogni condannato esalava l’ultimo respiro da uomo libero.
I Piombi, la zona per i “detenuti di prestigio”
Questa zona delle Prigioni era quella meno “sgradevole” e meno “maleodorante”; era riservata ai detenuti di prestigio, ossia ai nobili o politici colpevoli di reati minori. Correva l’anno 1591 quando nacquero i cosiddetti “piombi” ossia un’area carceraria meno “squallida ed infima” delle celebri Prigioni del Palazzo Ducale. I prigionieri qui avevano una vita piuttosto simile a quella dei carcerati moderni; potevano recapitare lettere all’esterno, mangiare cibo di qualità e bere del buon vino. Avevano addirittura un’infermeria. Si pensa che qui Silvio Pellico scrisse “Le mie prigioni”.
I pozzi delle Prigioni del Palazzo Ducale di Venezia
I pozzi era la zona peggiore delle Prigioni del Palazzo Ducale. Qui le celle erano molto strette e basse e non c’era luce (non si riusciva a distinguere il giorno dalla notte). I carcerati erano costretti a stare seduti tutto il tempo. Difficilmente da questa zona delle Prigioni si usciva vivi.
Sala delle torture del Palazzo Ducale di Venezia
Famosi erano i metodi cruenti di tortura delle Prigioni del Palazzo Ducale della Serenissima, dal metodo della corda alla tortura della goccia d’acqua. In questa sala si cercavano di estorcere confessioni a suon di sadicità e violenze indicibili. Nessuno usciva vivo da questo orribile luogo nel Seicento.