Il riso brillato è caratterizzato da un chicco bianco e particolarmente lucente. Scopriamo insieme la sua lavorazione e come utilizzarlo in cucina.
Il riso è uno degli alimenti più consumati sulle tavole italiane, in particolare su quelle del Piemonte e della Lombardia, regioni nelle quali questo prodotto è un avere propria eccellenza. In commercio, d’altronde, esistono diverse tipologie di riso, che, spesso, si adattano perfettamente alla preparazione di ricette dal sapore squisitamente etnico. Tra queste varietà, c’è anche il riso brillato che, negli ultimi tempi, però, ha avuto una battuta di arresto per quel che concerne le vendite, ma per quale motivo? Scopriamo insieme che cos’è e come viene lavorato, nonché le ragioni per le quali non è più acquistato come una volta.
La lavorazione del riso brillato
Dopo la raccolta del risone, ossia del chicco grezzo, quest’ultimo è sottoposto un processo di lavorazione, al fine di renderlo commestibile. Pertanto, bisogna seguire diverse fasi affinché si arrivi al vero e proprio riso brillato che mettiamo in tavola.
Inoltre, bisogna tenere in considerazione, che, in base alle diverse tipologie di trasformazione del chicco, si ottiene, alla fine, una varietà di riso specifica.
Il risone, dunque, dopo aver subito il processo di essicazione, è sottoposto a quello della sbramatura, mediante il quale, nei fatti, è eliminato l’involucro esterno, che, in gergo, è chiamato lolla.
Durante questo passaggio, quindi, si ottiene il chicco bruno che caratterizza la varietà di riso integrale. Al fine di ottenere un chicco bianco, si procede, poi, alla rimozione della pellicina contenente sostanze benefiche, chiamata pula, nella quale, inoltre, ci sono diverse fibre.
Andando avanti, poi, si elimina anche l’embrione del chicco, che contiene micro elementi e vitamine. A questo punto della lavorazione, dunque, arriva la fase della brillatura, al fine di conferire un maggiore livello di lucentezza al prodotto.
Non tutte le tipologie di riso attraversano questo passaggio, ma solo – appunto – il riso brillato o, ad esempio, l’orzo perlato.
In sostanza, il chicco è cosparso con la soluzione di talco e glucosio che gli conferisce una patina lucida e che non rappresenta un pericolo per la nostra salute. Tale patina, inoltre, incrementa la conservabilità del prodotto, poiché funziona come una guaina protettiva dagli agenti esterni.
Il riso integrale preferito alla variante brillata
Negli ultimi tempi, molti consumatori preferiscono acquistare il riso integrale, piuttosto che comprare il riso brillato, come si faceva, d’altronde, fino a qualche tempo fa.
C’è da dire, in tal senso, che negli ultimi anni c’è stata una vera e propria esplosione della variante integrale, le cui vendite sono aumentate notevolmente.
Ciò deriva dal fatto che le persone tendono a preferire la materia prima, quale indice di salute e benessere, tralasciando, l’aspetto esteriore del prodotto stesso, nei fatti.
Come avete potuto modo di comprendere, inoltre, durante il processo di lavorazione, il riso – per diventare brillato – perde una serie di sostanze e di nutrienti importanti.
Il consumatore attento, di conseguenza, preferisce varianti meno lavorate e con una maggiore apporto di valori nutritivi.
Alcuni marchi, in tal senso, hanno cercato di ovviare al problema, introducendo dei sistemi di reintegro della gemma del riso bianco, segnalando, all’interno della descrizione del prodotto, la mancanza di brillatura del chicco.
C’è da dire, infine, che il riso brillato, in sé per sé, non fa male alla salute ma rappresenta, praticamente, il riso bianco che, da sempre, abbiamo portato in tavola e che può essere introdotto, tranquillamente, all’interno di una dieta sana e varia, senza sperimentare, di seguito, nessun problema all’organismo.