C’è una scultura unica al mondo che dopo 500 anni non smette di folgorare chiunque la guardi: stiamo parlando del capolavoro Apollo e Dafne di Bernini. Una meraviglia indescrivibile, un’opera ineguagliabile. Prima e dopo di lui, nessun altro scultore è riuscito a lavorare il marmo facendo sembrare morbido come la carne. Gian Lorenzo Bernini è uno dei giganti della storia dell’arte italiana, un genio non solo un’artista. Al servizio dei potenti del tempo e dei pontefici mette in scena tutte le sue doti consegnando ai posteri delle opere di inaudita bellezza e perfezione. Oggi però la nostra attenzione è sul gruppo scultoreo intitolato “Apollo e Dafne”.
Il mito che ha ispirato la statua
In quest’opera Bernini supera se stesso. Trasforma il marmo da carne umana ad albero e lo fa scegliendo come soggetto il mito di Apollo e Dafne direttamente dalle Metamorfosi di Ovidio.
La storia è nota a tutti. Il dio del Sole Apollo viene colpito da una freccia dell’amore di Eros e si innamora perdutamente della ninfa Dafne la quale però viene colpita da una freccia di piombo e quindi rifiuta e respinge ogni attenzione del suo pretendente. La ninfa addirittura per sfuggire alle brame del dio Apollo chiede ed ottiene dal padre Peneo di essere tramutata in un albero. Bernini coglie nel marmo il momento esatto in cui la bellissima e seducente ninfa si sta trasformando in un albero di alloro (che poi diventerà la pianta sacra del dio Apollo). Si nota tensione nello sguardo dei protagonisti: le mani della ninfa già si sono tramutate in fronde e il dio sta cercando invano di afferrarla, ma non riesce a far nulla contro la metamorfosi in atto.
L’opera di Bernini nella Galleria Borghese di Roma
Scolpita tra il 1622 e il 1625, l’opera si trova al piano terra della terza sala della Galleria Borghese di Roma. Bernini raffigura il dio del Sole Apollo come un bel ragazzo dalla folta chioma e dal corpo scolpito, mentre la ninfa Dafne come una fanciulla spaventata che tenta la fuga e proprio quando ha perso ogni speranza si tramuta in un albero.
La statua maestosa è collocata proprio al centro della sala e l’osservatore entrando vede Apollo di spalle. Si tratta di un escamotage per aumentare la tensione nell’osservatore che girando intorno al gruppo scultoreo scorge solo in un secondo momento lo sguardo impietrito della ninfa e il volto teso del dio che si protende in avanti nel tentativo ultimo di afferrarla ed averla tutta per sé.