Sin dalla notte dei tempi le tre maschere più famose del Carnevale napoletano sono state Pulcinella, Scaramuccia e Tartaglia. Sfilate, coriandoli, cuccagne e grandi festeggiamenti hanno animato i vicoli di Partenope sin dall’epoca dei Borboni (più precisamente dal regno di Carlo di Borbone). Le maschere napoletane rappresentano in modo caricaturale ed esagerato tutte le caratteristiche tipiche del popolo napoletano. Siete curiosi di saperne di più prima di scegliere la maschera da indossare questo Carnevale?
Pulcinella: da maschera a simbolo di Napoli nel mondo
Il nome Pulcinella deriva direttamente dal dialetto napoletano “Pulleceniello” e significa letteralmente “piccolo pulcino“. La maschera più famosa del Carnevale nasce ad Acerra nella seconda metà del ‘500 dalla fantasia dell’attore Silvio Fiorillo che pare aver tratto ispirazione dall’antica commedia dell’arte e dalla figura del contadino Puccio D’Aniello.
Pulcinella appare sempre con una mezza maschera nera che gli copre solo la parte superiore del viso dal naso in sù. Indossa una casacca bianca e un cappello di stoffa sempre bianco. Ha un naso adunco e spesso viene raffigurato con le nacchere.
Si tratta di una figura ambivalente che rappresenta perfettamente il popolo napoletano: furbo, chiacchierone, pigro, indolente, opportunista, ironico, sfrontato e malinconico. Grazie alla sua furbizia riesce sempre a farla franca. Famoso il detto napoletano “il segreto di Pulcinella” per intendere un fatto di cui tutti sono a conoscenza.
Tartaglia, l’avvocato goffo e balbuziente
La seconda maschera tipica napoletana è quella di Tartaglia, il giurista presuntuoso e indisponente, calvo, grasso e goffo. Incline all’ innamoramento facile, indossa un vestito di colore verde e giallo, con calze bianche, cappello grigio e mantello in abbinamento col vestito.
Il suo nome deriva dal verbo “tartagliare” e fa riferimento alla sua balbuzia. Tartaglia, infatti, ogni volta che parla balbetta, storpia le parole e le ripete sempre nel modo sbagliato.
Oltre alla balbuzia e alla calvizia, un’altra sua caratteristica è la miopia.
Il suo ruolo nel corso dei secoli è stato portato sul palco in tante varianti diverse: avvocato, giudice, notaio, farmacista o consigliere di corte.
Scaramuccia, il soldato fanfarone del Carnevale napoletano
La terza famosa maschera del carnevale napoletano è Scaramuccia, portata in Francia da Molière con il nome di Scaramouche. Si tratta di un soldato bugiardo, fanfarone e vanaglorioso vestito tutto di nero, come l’uniforme tipica dei soldati spagnoli di stanza a Napoli nel ‘500. Divenne famoso nel ‘600 grazie all’interpretazione dell’attore Tiberio Fiorelli.
Scaramuccia si diverte a fare scherzi, finisce sempre coinvolto in risse ogni giorno e corteggia le donne fingendosi ricco e suonando la chitarra o il mandolino. Il suo nome deriva dal termine “scaramucce” perché lui è un soldato che combatte non grandi battaglie, ma per questioni futili e di poco conto.
Inizialmente veniva rappresentato con la spada, dal ‘700 invece al posto dell’arma c’è uno strumento musicale a corda.
La maschera di Scaramuccia è nata con lo scopo di ridicolizzare il tipico soldato spagnolo povero, vigliacco, pigro e rissoso.