Essere vegano implica la decisione di consumare tutti cibi che non comportano in alcun modo sfruttamento o crudeltà nei confronti degli animali. Una scelta alimentare, ma anche una scelta di vita intorno alla quale è nato anche l’ostroveganismo.
Molti di coloro che decidono di seguire questa dieta includono nella loro alimentazione anche i molluschi bivalvi, conosciuti come frutti di mare: cozze, vongole, telline e ostriche rientrano tra i cibi che è possibile consumare per quanti decidono di uniformarsi a questo stile nutrizionale. Una opzione che nasce dalla certezza di non provocare sofferenza a specie animali.
I molluschi non hanno un sistema nervoso centrale
I mitili, infatti, non sembrano avere un sistema nervoso centrale e, quindi, non sono in grado di provare dolore. Su questo nuovo e rivoluzionario sistema alimentare sono in corso studi. Il termine è spuntato per la prima volta nel 2017. Da definizione l’ostrovegano è ‘quella persona che per quanto vegano, decide di consumare molluschi bivalvi, ma a determinate condizioni…’. Qualcuno ha trovato in questa frase dissonanze: amo gli animali ma li mangio. Un concetto poco chiaro che troverà sicuramente una spiegazione nel tempo e grazie all’intervento di studiosi…
Le condizioni che devono verificarsi affinchè un vegano consumi bivalvi quali sarebbero? Anche qui ancora tutto resta ancora nebuloso. Al momento unica certezza è che non si provochi dolore. E questo punto sembrerebbe mettere tutti d’accordo.
L’apporto di vitamina B12
La dieta ostrovegana consente a chi a la segue di assumere vitamina B12, un apporto fondamentale per l’organismo che è fondamentale per il metabolismo di amminoacidi e acidi nucleici oltre che per la produzione di globuli rossi. E la particolarità è che questa specifica vitamina si trova solo in alimenti di origine animale.
Effetti negativi
Le questioni che nascono intorno a questa alimentazione sono, però, ancora diverse. In tanti si interrogano sulle conseguenze negative: possibili contaminazioni e anche su considerazioni etiche e ambientali. Nel primo caso siamo nell’ambito dell’intossicazione, un’esperienza che difficilmente viene dimenticata da chi l’ha provata. Nel secondo caso, invece, il tema è molto più complesso, visto che si tratta di consumo animale nella considerazione che i molluschi non abbiamo un cervello che l’uomo, invece, ha. Anche questo è un dibattito che non sembra possa realmente avere fine…
L’impatto sull’ambiente
Tra le verità inconfutabili c’è il fatto che gli allevamenti di questi molluschi hanno un impatto davvero relativo sull’ambiente, visto che sono molto meno inquinanti di tanti altri sistemi di agricoltura, non occorrono pesticidi o antibiotici, e assorbono anidride carbonica, oltre a contrastare in maniera determinate l’eutrofizzazione. Sono animali con un notevole sistema di filtraggio capace di liberare le acque dal proliferare delle alghe.
Anche nella mitilicoltura ci sono dei nei, però, comportando spesso la dispersione di oggetti – anche materiale plastico – in mare, con danno per l’ecosistema marino. L’inquinamento da barche a motore necessarie per raggiungere gli allevamenti.
I tanti dubbi ancora irrisolti
Unica certezza è che non possedendo un cervello non soffrono. Per quanto si tratta di esseri viventi non dovrebbero provare dolore, ma anche su questo punto ci sono pareri contrastanti, visto che c’è chi sostiene che hanno la capacità di rispondere a stimoli nocivi. Sta di fatto che certezze, a questo punto non ci sono e che, quindi, è lasciata alla scelta del singolo…