Il “Museo dell’Impossibile” è un luogo che conserva dei reperti davvero incredibili (e inimmaginabili) e si trova all’interno di Villa Webb a Bagni di Lucca.
Visitare il “Museo dell’impossibile” è possibile. Siete pronti per un viaggio attraverso leggende, fantasie e segreti alla scoperta di un luogo unico e raro?
Già il nome affascina, “Museo dell’impossibile”: ma perché si chiama così? Cosa c’è di tanto “impossibile” al suo interno? La collezione è ospitata all’interno di Villa Webb, una dimora che ha una storia interessante. Qui nel 1820 soggiornò Lord Byron e poco dopo anche Mary Shelley (l’autrice di Frankenstein). La dimora era conosciuta con il nome di Villa Bonvisi, dalla famiglia che la fece costruire nel 1500. Solo nel 1800 prese l’attuale nome dal proprietario John Webb che morì di morte violenta proprio in questa villa. Oggi ospita una collezione di oggetti impossibili, frutto di una lunga e faticosa ricerca da parte di Christian Alpini. Da oltre vent’anni Alpini raccoglie oggetti strani e bizzarri, ma soprattutto affascinanti e incredibili: bambole possedute, libri delle streghe, maschere di cannibali. Quali sono i più entusiasmanti? Scopriamolo insieme.
Nel reparto “Bambole Maledette” del Museo dell’impossibile (dove troviamo anche Abigail- la bambola di Salem), c’è Gustav, una bambola che proviene dal manicomio di Pest e risale agli anni ‘50. Fu realizzata da un paziente stesso con gli scarti di abiti dei suoi indumenti o meglio del suo camice e delle tende, e facendo l’imbottitura con quella del suo cuscino.
Prende il nome dal paziente Gustav 056 (come scritto nel registro internati) che iniziò a sviluppare un attaccamento morboso per la bambola, al punto che ci parlava quotidianamente dicendo che era viva. Subì una lobotomia che non andò a buon fine e morì. La bambola, alla chiusura del manicomio, finì nelle mani di un nipote di un inserviente della struttura che se la prese. Il bambino volle sbarazzarsi della bambola poiché le causava incubi ed accadevano cose strane in casa.
La credenza secondo cui il morso di un licantropo ti trasforma in lupo mannaro è solo una trovata letteraria. Secondo le credenze popolari, per diventare licantropo, bastava indossare una cintura arrugginita a cui erano legate ossa e cranio di un lupo. La particolarità era che a farle era il Diavolo in persona.
Di recente nella collezione Christian ha introdotto questo manuale di stregoneria, ricevuto da un’anziana signora che praticava magia e stregoneria. Non contiene formule o incantesimi, ma è la sua preparazione a renderlo particolare. Fu fatto dalla donna in una notte di luna piena con una formula segreta e versando sopra sangue di agnello, erbe medicinali e acqua di torrente. Usare il libro è pericoloso, avverte la donna, il più delle volte si metteranno in contatto entità negative e malefiche di cui poi è impossibile liberarsi a vita.
Il famigerato Libro dei Morti, collocato nella “Sala Obscura”, è una copia dei primi del ‘900 e contiene tutte le formule e i rituali necessari per evocare qualsiasi tipo di demone e presenza oscura. Sono riportati all’interno anche appunti e sottolineature fatte dai precedenti possessori del libro.
Questo reperto è a metà strada tra mito e realtà. Forse era la mano di una scimmia, ma per le antiche tribù del Nord era la mano di Grendel, una creatura mitologica nordica considerata l’incarnazione del puro male e caratterizzata da forza sovrumana, invisibilità e cattiveria. L’arto ha 5 dita con artigli affilati e impossibile da scalfire. Recenti studi ritengono che Grendel fosse un troll o un orco.
Questo oggetto è stato preso da un’abitazione privata di Lucca, per scelta dei proprietari stessi che lo ritenevano troppo inquietante e sinistro. Osservandolo bene, infatti, sembra che due occhi malefici ci fissino fin nei meandri dell’anima. Nella pietra è possibile riconoscere oltre agli occhi, i lineamenti di un volto.
Si tratta di un raro fenomeno di paraedolia, che consente al cervello umano di vedere volti umani o figure note laddove non ci sono realmente e quindi sarebbe tutto un frutto della propria immaginazione mentale. C’è anche chi collega questo reperto al caso dei “Volti di Belmez” che riguarda degli strani eventi paranormali avvenuti in Andalusia, a Belmez.
La proprietaria dell’abitazione in questione, Maria Gòmez Càmara, vide un volto sul pavimento e decide di picconarlo, ma il volto riapparve. Furono condotte delle indagini dirette dall’allora sindaco del paesino e dallo scavo del pavimento si scoprì che al di sotto di dove si trovava il volto c’era i resti umani di due persone uccise e decapitate.
Letteralmente significa “bambino d’oro”, ma di cosa si tratta? In realtà è in legno, pietra o metallo placcato d’oro e raffigura un bimbo. Si è soliti tenerlo in casa come spirito benigno e rivolgergli offerte di diverso tipo: dal latte fresco ai cioccolatini. Il Kuman Thong è come se fosse “un figlio adottivo” al quale erano rivolti desideri da esaudire in cambio di offerte. Per secoli furono usati per la magia nera.
Proviene da una collezione privata questo curioso reperto oggi conservato nel Museo dell’Impossibile. Sicuramente si tratta di una mummia, ma ciò che la rende speciale è che rappresenta una figura mai vista prima: un incrocio tra un uomo e una nutria. Il proprietario precedente ha rivelato di averlo ottenuto dal circo Barnum in Alabama negli anni ‘40 del secolo scorso. Si tratterebbe quindi di un freakshow del circo, noto all’epoca per esporre esemplari di incroci tra uomini e animali. I più noti esemplari erano delle sirene e un incrocio tra un uomo e un coccodrillo. Ovviamente si tratta di un’opera tassidermica.
Proviene da una collezione privata olandese. Si tratta di 4 esemplari di ratti uniti per la coda e calcificati. Nelle colonie numerose capita spesso che, a causa del poco spazio a disposizione, i ratti restino impigliati per la coda tra loro e più tirano per liberarsi più si annodano e sono costretti allora per continuare a sopravvivere a vivere come un unico singolo ratto con 4 corpi. Si tratta di un evento raro visto come presagio di morte ed eventi nefasti (come la peste). L’esemplare più grande mai trovato è composto da 32 ratti.
Vi abbiamo convinto ad andare in visita a Villa Web per vedere il Museo dell’Impossibile?
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