Quando si prepara qualche pietanza per il pranzo e per la cena (o anche per un aperitivo fatto in casa) bisogna non solo metterci passione e scegliere con cura gli ingredienti da utilizzare e abbinare ma avere anche un occhio di riguardo per l’impiattamento. In questo caso, in particolar modo, i giapponesi sono davvero bravissimi nel presentare i piatti. Quest’arte si chiama Moritsuke.
Basta pensare al sushi, uno dei piatti giapponesi più in voga. È sempre servito con molta cura e creatività. Il Moritsuke è stato tramandato da generazione in generazione ed è davvero fondamentale nell’arte culinaria giapponese. Vediamo, dunque, tutti i dettagli dell’impiattamento giapponese. È proprio il caso di dirlo: anche l’occhio vuole la sua parte.
Il termine indica la cucina giapponese, che è stata considerata come patrimonio immateriale dell’umanità da parte dell’UNESCO, nell’anno 2013. Essa è stata tramandata di generazione in generazione ed è costituita soprattutto dal riso, che viene servito con vari ingredienti, caratteristici di ogni stagione. Vediamo ora come vengono impiattate le varie pietanze.
Nell’arte dell’impiattamento, il Moritsuke, tutto è studiato nei minimi dettagli. Si dà molta importanza alla forma, al colore e allo spazio utilizzato. I piatti non vengono riempiti del tutto come in genere facciamo noi ma si lascia molto spazio libero. Si prediligono le pietanze dispari e ogni ingrediente ha i colori della sua stagione. Inoltre, per ogni tipo di piatto, c’è una stoviglia adatta: ad esempio, nelle ciotoline vengono poste le salse o le zuppe, mentre in quelle di più grandi dimensioni i noodles. Insomma, nulla è lasciato al caso.
Con il termine ‘shun’ si indicano gli alimenti tipici di ogni stagione dell’anno. I colori predominanti di ogni stagione sono ad esempio il rosso e l’oro in autunno e il verde e il rosa nei mesi primaverili. In estate sono molto gettonati i noodles, serviti in piccoli cesti di bambù e in inverno nelle apposite ciotole. Il riso, invece, accompagna quasi sempre tutte le pietanze, anche quelle dolci, a partire dal sushi.
Per quanto riguarda i dolci, anch’essi vengono scelti e consumati in base alle stagioni. L’hanamiramoki (mochi di petali di fiori) è, ad esempio, un dolce tipico del mese di gennaio (soprattutto di Capodanno) mentre il Sakura-mochi, dal tipico colore rosa, è associato alla primavera e alla fioritura dei fiori. È farcito con la marmellata di fagioli rossi e avvolto in nella foglia salata del ciliegio. Tutti questi dolci caratteristici del Giappone prendono il nome di ‘wagashi‘.
Come accennato, a differenza delle tradizioni culinarie occidentali, i giapponesi sposano la filosofia “meno è meglio”. I piatti o le ciotole, infatti, non sono mai riempiti pienamente ma piuttosto ci sono pochissime e piccole porzioni di ogni pietanza e tanto spazio vuoto. Ciò è importante affinché il commensale possa focalizzare la sua attenzione maggiormente sul cibo da consumare. ùInoltre, nulla di lascia nel piatto: bisogna mangiare tutto, senza sprecare nulla. Nulla è superfluo. Questa è davvero ottimo e positivo, per evitare gli sprechi alimentari.