Tutti a Napoli conoscono le leggenda del munaciello, ma nel resto d’Italia e del mondo forse nessuno ne ha mai sentito parlare. ‘O munaciello è sicuramente il più famoso dei fantasmi napoletani ed insieme alla bella ‘mbriana è la figura folcloristica più profondamente “sentita” ed amata dal popolo partenopeo.
Il munaciello (letteralmente “piccolo monaco” in dialetto napoletano) è uno spiritello che infesta le case (soprattutto quelle vecchie e malandate del centro storico), ma non disdegna abbazie e monasteri ed è così chiamato perché nelle sue celebri apparizioni indossa sempre il saio da monaco.
Ogni quartiere di Napoli ha le sue dicerie e racconti, ma la zona maggiormente infestata è quella fra Vicaria e Porto. Quando compare ‘o munaciello lascia monete nelle giacche dei mariti o nei cassetti della biancheria intima femminile e ama fare scherzetti che vengono poi “tradotti” in numeri da giocare al lotto secondo la celebre Smorfia napoletana (solitamente sono 1 il fantasma, 14 i soldi e 15 la meraviglia). In passato le apparizioni dei munacielli nel centro storico erano all’ordine del giorno, nella nostra epoca l’ultimo avvistamento c’è stato in una casa nei pressi di piazza Carlo III a Sant’Eframo Vecchio.
Secondo la storia che tutti i napoletani oggi raccontano ai nipoti e ai turisti, il munaciello sarebbe realmente esistito all’epoca della dominazione aragonese nel 1445 circa (come racconta la stessa Matilde Serao nella sua opera Leggende napoletane). Tutto inizia nella metà del ‘400 a causa della storia d’amore tra Caterina Frezza, figlio di un ricco mercante di stoffe, e Stefano Mariconda, figlio del popolo che faceva il garzone. La loro love story non poteva essere vissuta alla luce del giorno, allora i due giovani si incontravano di nascosto di notte. Stefano, per non far scoprire dal padre dell’amata, andava per i tetti del centro storico e non percorreva mai le strade principali (i Decumani).
Una notte però qualcuno lo spinse nel vuoto e il giovane morì. Caterina fu rinchiusa per il resto dei suoi giorni in convento dove diede alla luce il frutto del peccato nato dalla sua relazione clandestina. Il bimbo nacque orribile e deforme e subì immediatamente il disprezzo della madre, che invano aveva sperato che quel figlio avesse le fattezze del suo amante perduto. Caterina lo vestiva con un saio dei monaci domenicani, come quelli del convento dove era rinchiusa.
Il piccolo vagava per le strade della zona Porto subendo i soprusi e le risate della gente per il suo aspetto grottesco. Divenne così un’anima dolente e rabbiosa dedita a fare dispetti. Un giorno ‘o munaciello, come veniva da tutti chiamato, sparì e piccole ossa furono ritrovate in una cloaca nel convento. Il bambino, un’anima innocente e triste, fu uccisa dai sicari della famiglia Frezza, ovvero della madre Caterina.
C’è anche un’altra leggenda del munaciello, quella dei munacielli di Napoli Sotterranea, ovvero la città sotto la città che si estende per mille miglia nella zona del centro storico. Secondo questa versione della storia, i pozzari erano uomini di bassa statura, gobbi e sessualmente avidi, che si occupavano dei cuniculi e delle cisterne sotterranee. Erano soliti intrufolarsi nelle case e rubare oggetti di valore o possedere focose fanciulle a cui facevano doni.
Che crediate o meno alla leggenda del munaciello, sta di fatto che Napoli è la città più infestata d’Italia, tra spiriti di soldati innamorati, stregoni, marinai, anime pezzentelle e regine impazzite.
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