Il Giappone non è solo il paese dei samurai, delle arti marziali e della geisha, ma anche una terra di storie d’amore a volte romantiche, a volte tragiche. Le leggende giapponesi sull’amore sono tantissime: alcune hanno per protagonisti draghi e divinità, altre principesse e festività speciali. Ogni storia è importante perché è unica e significativa e ci consente di scoprire tratti della cultura giapponese, luoghi e feste nazionali. Siete curiosi di scoprire quali sono le più belle leggende giapponesi sull’amore che abbiamo selezionato per voi?
La leggenda di Tanabata e della Via Lattea
C’era una volta una principessa di nome Orihime, un’esperta tessitrice che lavorava vicino ad un fiume, oggi noto come Via Lattea. Si sentiva terribilmente sola, non passava mai nessuno di là, ma non si rassegnava e continuava a cercare la sua anima gemella. Era la figlia del dio dei cieli. Il padre la fece incontrare con un giovane allevatore di nome Hikoboshi. Tra i due fu colpo di fulmine immediato.
Presi dalla passione si dimenticarono di tutto il resto e dei loro compiti. Così furono puniti e divisi. Ma il dio del cielo, intenerito, decise di permettere ai due amanti di vedersi solo un giorno al mese, il settimo giorno di ogni mese dell’anno. Oggi per ricordare questa leggenda c’è una festività nota come Tanabata o Festival delle Stelle.
La leggenda di Urashima Tarō
Urashima Tarō era un pescatore. Solitamente andava a pescare da solo. Un bel giorno d’estate nella sua rete si accorse di aver pescato una tartaruga, animale sacro al Dio del mare. Subito la liberò. Quella notte in sogno gli apparve una meravigliosa fanciulla che disse di essere la figlia del Dio del mare che voleva ringraziarlo per il gesto compiuto nei confronti della tartaruga. La bella fanciulla disse che sarebbe diventata sua sposa e che lo avrebbe condotto sull’isola di Horai dove è sempre estate. Dopo tre anni di felicità e amore Urashima sentì nostalgia di casa e decise di ritornare dai suoi genitori. Prima di lasciarlo partire la dea gli donò uno scrigno, ma gli disse di non aprirlo mai.
Tornato sulla Terra, Urashima si rese conto che non erano trascorsi 3 anni bensì 400 anni. I suoi genitori erano morti e tutto era cambiato nel villaggio. Al cimitero trovò la sua lapide con la scritta “disperso in mare” accanto a quella dei suoi cari. Così decise di aprire lo scrigno, ma in quel momento l’anima abbandonò il suo corpo e passò a miglior vita. La dea, donandogli la libertà, lo aveva anche condannato alla morte e alla tristezza perché sapeva che Urashima la stava abbandonando.