Nella cucina italiana esistono tanti piatti strani: scopriamo, insieme, quelli più particolari, dando un’occhiata ala loro storia.
Nella cucina italiana ritroviamo tanti piatti strani, inusuali anche dai nomi alquanto particolari che, nei fatti, sono delle vere e proprie specialità. Tra questi, ad esempio, ci sono formaggi fermentati con vermi, parti poco conosciute di animali e piatti basati su interiora: esempi di come l’ingegno possa trasformare la necessità in arte culinaria. Scopriamo, dunque, insieme quali sono.
Partiamo con il lampredotto, un classico fiorentino fatto con uno degli stomaci del bovino e considerato uno street food molto amato in Toscana. Si cuoce lentamente con pomodoro, cipolla, prezzemolo e sedano e si serve spesso in un panino chiamato semelle.
Passiamo, poi, alla meusa siciliana, panino farcito con milza e polmone di vitello, proposto in diverse versioni, anch’esso elemento basedello street food regionale. Poi c’è la coratella dell’Umbria, piatto che, nei fatti, è composto da interiora animali, come, ad esempio, i polmoni, cuore ed il fegato di agnello, che – anche se sono parti meno nobili – sono, ad ogni modo, ricche di sapore.
C’è, poi, la pajata, che si può trovare, nello specifico, presso le osterie romane, preparata utilizzando l’intestino tenue del vitello per, poi, essere servita con i rigatoni. Andiamo avanti, citando il cibreo toscano, che consiste in una zuppa nella quale sono inseriti include creste e fegatini di pollo e/o gallo: piatto che, d’altronde, era molto amato da Caterina de’ Medici.
Spostandoci in Puglia, troviamo il polpo crudo, che è sbattuto contro le rocce al fine di ammorbidirne i tentacoli: è una pietanza che, in sostanza, può fungere da omologo italiano del sushi. Ci sono, poi, le lumache crude, molto amate in Sicilia e nella stessa Puglia, in quanto, un tempo, erano considerate un buon rimedio contro la gastrite.
In Toscana, poi, ci possiamo imbattere nella torta al sangue di maiale che è composta da sangue di suino, al quale si amalgamano il parmigiano e il burro.
C’è, poi, il casu frazigu, prodotto tipico della Sardegna, conosciuto ai più, in quanto è un formaggio colonizzato, letteralmente, dai vermi: anche se sul piano estetico lascia molto a desiderare, il suo sapore è molto apprezzato dagli esperti del setto anche se, nel corso del tempo, non sono mancate le controversie.
Al primo posto, di questa interessante carrellata di prodotti alquanto strambi, ci sono i “coglioni di mulo“, salume dalla forma decisamente “singolare”, prodotto tra diverse regioni appenniniche. Anche se ha – certamente – un nome curioso, tale salame non ha alcun legame con gli attributi dell’animale menzionato: infine, ad esso, sono aggiunti dei pezzi di lardo.