I popoli indigeni sono quelle tribù autoctone che occupavano un determinato territorio, prima dell’arrivo dei coloni. Nel corso della storia si è più volte attentato alla loro esistenza. Nonostante le guerre coloniali non sono molto comprensibili agli occhi del mondo moderno, tuttavia anche oggi, la parte più consumistica e capitalistica della specie umana, cerca di imporre la propria supremazia su queste popolazioni.
Oggi le circa 5000 tribù ci raccontano, nelle loro settemila lingue, la storia di un essere umano nato nella natura, che custodisce segreti e tradizioni che si perdono nel passato più remoto della storia della nostra specie. Queste tribù rappresentano solo il una piccola percentuale della popolazione, ma preservano il 90% della diversità culturale di tutto il mondo. Un patrimonio di inestimabile importanza che dovremmo salvaguardare ad ogni costo.
Inutile ricordare che c’è stato un tempo in cui queste popolazioni furono considerate inferiori e sacrificabili, per far sì che la questione fosse affrontata a livello internazionale si arriverà fino al 1982, quando sarà argomento affrontato dalle Nazioni Unite per la primissima volta.
Sempre l’Onu, nel dicembre del 1994 istituì la Giornata Mondiale dei Popoli Indigeni, proprio a rimarcare l’impegno che aveva preso nel difendere e preservare le culture autoctone.
Da allora sono stati fatti molti passi in avanti, partendo dall’emanazione di una Carta dei Diritti.
Nel 2007, viene redatta la Dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni. Un traguardo senza precedenti in materia di diritti umani a carattere collettivo.
Questo documento decreta il diritto dei popoli indigeni della Terra di poter mantenere e rafforzare le proprie istituzioni, tradizioni e culture e il diritto a scegliere la forma di sviluppo più adatta ai loro bisogni e aspirazioni. La carta, inoltre, garantisce diritto all’educazione, alla salute, al lavoro e alla lingua.
I popoli indigeni possono dunque autodeterminarsi in quanto indipendenti, ma possono anche, qualora lo vogliano, partecipare alla vita sociale, culturale, politica ed economica, dello Stato in cui risiedono.
Tutto ciò però non basta: non si tratta solo di discriminazione sociale ed economica, ma di sopravvivenza. Le tribù indigene sono costretti a vivere in spazi ben delimitati, nonostante ciò spesso sono invase dalla cultura predominante. Ad esempio in Brasile, si continuano ad occupare i territori destinati alle popolazioni autoctone in nome del progresso, costringendo questi popoli a vivere in riserve sempre più piccole o a trasferirsi in altri luoghi, mettendo così a repentaglio la loro stessa esistenza.
Negli ultimi anni, un’altra minaccia si aggiunge a quelle già elencate: i cambiamenti climatici.
I popoli indigeni sono i più colpiti dai cambiamenti climatici, proprio in virtù del loro rapporto con l’ambiente circostante. Essi dipendono in qualche modo dall’ecosistema in cui vivono, dunque questi mutamenti sono percepiti in maniera molto più rilevante e immediata.
Proprio grazie al loro intenso legame con la natura e l’ambiente, le popolazioni autoctone potrebbero essere una fonte di ispirazione per preservare il nostro pianeta e per riavvicinarci al nostro ancestrale bisogno di connessione con la terra.