La storia e qualche curiosità sul parrozzo, dolce tipico abruzzese molto amato da Gabriele D’Annunzio.
Tra i dolci italiani più famosi c’è, sicuramente, il parrozzo, tipico della pasticceria abruzzese, caratterizzato da una forma a cupola e da una copertura di cioccolato, che ha una storia molto particolare ed affascinante. Un dolce morbidissimo e delizioso, che ha conquistato tante persone nel corso del tempo. Scopriamo, dunque, qualche curiosità su tale dolce che fu molto amato dal vate Gabriele D’Annunzio.
Il parrozzo, icona della pasticceria abruzzese
Il parrozzo è uno dei dolci più famosi dell’Abruzzo, una vera e propria prelibatezza della pasticceria di tale regione che può essere mangiato tutto l’anno, ma anche come alternativa ai dolci festivi più tradizionali, come il pandoro e il panettone.
La tradizione del pane in Abruzzo ha radici antiche, in quanto i contadini preparavano il “pane rozzo” con farina di mais, che consisteva, nei fatti, in un pane semisferico cotto in forni a legna.
Luigi D’Amico – inventore di tale dolce – trasformò questo pane semplice in un dolce squisito nel periodo post-prima guerra mondiale. Nel 1919, infatti, reinventò la ricetta, ispirandosi all’aspetto del pane rozzo che era preparato dai contadini con i pochi ingredienti che avevano a disposizione. D’Amico, dunque, utilizzò le uova per ricreare il colore giallo del mais ed il cioccolato fondente per imitare le bruciature provocate dalla cottura tradizionale.
Inoltre, fece uso del cioccolato fondente per decorarlo all’esterno. Mantenendo la forma semisferica del pane originale, D’Amico ideò uno stampo a cupola al fine di ricordare le classiche pagnotte contadine.
Tra gli ingredienti utilizzati per preparare tale dolce ci sono la farina di mandorle, lo zucchero, le mandorle tritate, l’essenza di mandorla amara, la buccia di arancia o – in alternativa – il limone.
Il legame con Gabriele D’Annunzio
Il rapporto tra il parrozzo e Gabriele D’Annunzio iniziò quando Luigi D’Amico inviò il primo dolce al poeta nel 1919. Il vate, affascinato da tale novità, compose un sonetto in dialetto che lodava il dolce.
Tale poesia è ora parte integrante del packaging del parrozzo, la quale, nei fatti, funge da importante testimonianza delle nobili origini letterarie del dolce stesso.
Anche se ci sono state diverse difficoltà legate alla Seconda Guerra Mondiale, che ne interruppero la produzione, la famiglia D’Amico riuscì a rilanciare l’azienda negli anni ’70.
Sotto la guida di Teresa D’Amico e – poi – di Pierluigi Francini, fu introdotta una linea di confezionamento moderna, che prolungò la durata del dolce, permettendo, al contempo, di espandere il mercato a livello internazionale, raggiungendo, nei fatti, Paesi come gli USA, il Canada e l’Australia, dove è considerato una vera e propria prelibatezza che esporta, inevitabilmente, il sapore unico dei dolci italiani oltreoceano.