Andiamo alla scoperta delle cene sensoriali, dove il cibo è assaggiato con l’olfatto: come sono organizzate le scent dinner.
Nel momento in cui assaggiamo un piatto, ci avvaliamo di tutti i sensi per poterlo apprezzare e dare una opinione sullo stesso. Gli italiani, inoltre, sono particolarmente amanti del turismo enogastronomico che, nei fatti, assume una piega particolare mediante quelle che sono definite “cene sensoriali“, in inglese “scent dinner“. Scopriamo, dunque, insieme come sono organizzate e che esperienza fornisce ai degustatori.
Grazie alle cene sensoriali, definite, in inglese, come scent dinner, permettono agli ospiti di assaggiare, in sostanza, le pietanze attraverso lo fatto.
L’idea fu partorita da Chandler Berg, uno dei più importanti esperti di profumi al mondo non che perfume critic del New York Times. Le cene sensoriali sono arrivate, per la prima volta, nel 2012 in Italia, durante l’edizione di Pitti Fragranze a Firenze, dove l’esperto ebbe l’occasione di presentare la propria invenzione.
Tali cene, come si può facilmente immaginare, sono a numero chiuso e riservate agli addetti ai lavori. All’hotel St. Regis di Venezia sono organizzate delle serate private in cui sono presentati piatti, insime al designer di profumi, Carlos Huber e l’executive chef Nadia Frisina, insieme al bar manager Facundo Gallegos.
Oltre alle cene sensoriali, ci sono anche le cene al buio, definite blind dinner, durante le quali il senso della vista non è contemplato, in quanto si stimolano altri sensi, tra i quali possiamo annoverare il gusto e l’olfatto, in modo che la preparazione l’estetica del piatto lombate, poi, a condizionare la percezione che abbiamo dello stesso.
Tra i vari ristoranti che hanno proposto tale tipologia di assaggio, citiamo il Blindekuh di Zurigo, ma anche l’Unsicht Bar di colonia, inaugurati, rispettivamente, nel 1999 e nel 2001. Tale moda, poi, si è diffusa anche nel Regno Unito e, in particolare, a Londra, diventando anche abbastanza famosa in Italia.
Secondo quanto affermano gli psicologi Charles Spence e Betina Piqueras-Fiszman, attraverso le cene al buio cambia, sostanzialmente, la percezione che abbiamo del cibo, anche perché senza la vista cambia, oltretutto, anche il senso di socialità che si viene a creare intorno alla condivisione di una pietanza.
Si perde, infatti, quella che è definita la percezione della prossimità e della distanza dagli altri commensali: inoltre, senza la vista diminuiscono o si annullano completamente le aspettative sul cibo.
Rinunciando, però, al senso della vista, si potenziano gli altri sensi, pertanto le cene al buio possono essere un’importante occasione per stimolare delle percezioni che, di solito, non sono attivate nel momento in cui basiamo la nostra cena esclusivamente su ciò che registrano i nostri occhi.