Hai mai sentito parlare degli Orange Wines? Tornati in auge e molto apprezzati, scopriamo cosa sono e dove sono nati!
Sono tornati di tendenza negli ultimi anni gli Orange Wines, ma non tutti sanno di cosa si tratta. Ebbene, sono dei vini prodotti con un metodo di produzione antico, che dona loro un colore aranciato o ambrato particolare e caratteristico. Scopriamo tutto sugli Orange Wines!
Da dove nascono gli Orange Wines
Gli Orange Wines nascono da uve a bacca bianca, che però seguono il sistema di produzione dei vini rossi, ovvero quello di far stare il mosto a contatto con le bucce. Il metodo prevede di lasciarle macerare per un determinato periodo, che spazia da alcuni giorni a vari mesi.
Si ottiene un vino di colore arancione o ambrato, dotato di una struttura elevata e complessa, data soprattutto dalla presenza di tannini, a cui si aggiungono sapidità e freschezza. Solitamente vengono impiegate uve coltivate con agricoltura biologica, oppure biodinamica, in cui l’uomo interviene pochissimo o addirittura per niente. Altri elementi fondamentali per produrre gli Orange Wines sono:
- caratteristiche dell’uva – occorre privilegiare bacche adatte ad essere messe in macerazione
- durata della macerazione – è importante il periodo di tempo in cui il mosto rimane a contatto con le bucce.
Gli Orange Wines hanno origini molto antiche
Molti non lo sanno, ma le origini degli Orange Wines affondano nel passato, addirittura a migliaia di anni fa. A dare origine a questo prodotto è stata la Georgia, paese in cui ancora oggi la vinificazione viene fatta nei kvevri, che sono dei contenitori ovali in terracotta.
Il vino viene messo a invecchiare in questi contenitori. Si tratta di un metodo di vinificazione detto ‘in argilla’, che prevedeva di mettere bucce, raspi e succo d’uva in recipienti che poi venivano chiusi e messi per circa sei mesi sottoterra, fino a quando il vino non maturava. Il metodo praticato in Georgia è stato riconosciuto nel 2013 Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.
In Italia vengono riscoperti gli Orange Wines
Il metodo di lavorazione dell’uva bianca in Italia era molto popolare fino agli anni Sessanta. Tuttavia, si tende a dire che c’è stata una vera e propria riscoperta degli orange wines, il cui metodo è stato accantonato perché ha preso la supremazia il vino industriale.
Grazie a tecnologie tipo le macchine pigiadiraspatrici, i lieviti selezionati, le soffici presse e i serbatoi in acciaio inox a temperature controllate, è iniziata la produzione di quello che viene chiamato vino bianco carta.
Questo vino limpido e dal colore pallido, con sapori e aromi di frutta fresca, ha presto comportato la produzione di vini bianchi standard in Italia, proprio come oggi li conosciamo. Ma a cominciare dagli anni ’90, in un piccolo sobborgo di Gorizia, Oslavia, alcuni produttori hanno prodotti vini con uva a bacca bianca con buccia spessa e polpa neutra.
Fra questi vini troviamo lo Stanko Radikone il Joško Gravner, ritenuti in Italia i pionieri degli orange wines. Infatti, grazie a questi produttori, che hanno realizzato con queste uve i “vini bianco carta, hanno eliminato le sostanze che ci sono nella parte dell’acino esterna. Si tratta di una scelta importante, che privilegia l’antica macerazione al metodo di vinificazione industriale.
Oslavia ha dato inizio alla tendenza degli Orange Wines
Nel 2010 i sette produttori di Oslavia fondano l’Associazione Produttori Ribolla di Oslavia (APRO), allo scopo di proteggere attraverso la ribolla il territorio. Nel 2018 viene creato anche un evento speciale chiamato RibolliAMO, dedicato alla ribolla gialla, che si tiene ad ottobre.
E’ questo infatti il periodo dell’anno in cui quando l’uva ribolle sotto le bucce. Durante la prima edizione di questo evento i sette produttori hanno voluto promuovere la Ribolla di Oslavia a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG).
Inoltre, per incrementare nel paese il turismo enogastronomico, hanno collocato sette panchine arancione nei punti più affascinanti del borgo. Un vero successo che li ha premiati!