Siamo abituati a chiamarli prodotti di scarto, ma dovremmo imparare a chiamarli sottoprodotti alimentari e restituire loro nuova vita. Vediamo insieme com’è possibile.
I prodotti di scarto
Quando definiamo un prodotto alimentare “di scarto”, ci riferiamo a quei “resti” di alimenti che siamo soliti gettare via. Facciamo degli esempi per capirci bene: buccia di frutta e verdura, lisca o testa del pesce, ossa di carne eccetera. A livello domestico gli “scarti” alimentari sono relativamente pochi, eppure abbiamo visto in passato come ad esempio è possibile riutilizzare i noccioli delle ciliegie o delle albicocche. Possiamo anche riutilizzare i rimasugli della verdura, per creare un brodo vegetale o il dado vegetale. Riuscire a dare nuova vita a questi prodotti è fondamentale per risparmiare, ma anche per dare un impatto meno incisivo all’ambiente.
Ma se nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa, quanto più possono fare le industrie e coloro che sono impegnati nella ristorazione. Alcuni chef decidono ad esempio, di trasformare gli scarti di frutta e verdure in piatti gourmet e anche con un discreto successo. Questo ci fa capire che è necessario solo un po’ di ingegno ed ognuno di noi può fare la differenza per un mondo più sostenibile. Ma che dire delle grandi aziende dove le emissioni di CO” sono tante e gli scarti alimentari ancor di più? Ci sono delle normative che favoriscono un’economia circolare e regolamentano la lavorazione dei sottoprodotti alimentari.
Nuova vita e meno sprechi
Nell’articolo 184-bis del D.Lgs. 152/06 vengono descritti 4 requisiti che i sottoprodotti alimentari devono avere, per poter essere riutilizzati e favorire così un’economia circolare. Che significa? Quando un prodotto definito “rifiuto” per qualcuno, viene acquistato rilavorato e venduto da qualcun altro, si favorisce l’economia. AL momento possiamo classificare questi prodotti di scarto, come sottoprodotti alimentari dividendoli in 6 categorie. Per ognuna d’esse è possibile ottenere nuovi prodotti grazie alla loro lavorazione.
- Sottoprodotti Ittici: basilarmente sono gli scarti del pesce, dai quali grazie a lavorazioni apposite è possibile ottenere farine proteiche, gelatine e olio di pesce che è un ottimo integratore;
- Scarti di macellazione: anche in questo caso i sottoprodotti possono essere trasformati in farine proteiche e fertilizzanti organici. Le farine proteiche, siano esse di pesce o di carne sono utilizzate moltissimo per la creazione di mangimi per animali;
- Sottoprodotti dei cereali: durante la produzione delle farine accade spesso che la parte più grezza venga scartata. In questo caso è possibile rivenderla o riutilizzarla per rendere le farine “caserecce” o anche per arricchire i mangimi degli animali;
- Scarti di frutta e verdura: in casa abbiamo accennato come riutilizzarli ed in passato abbiamo visto anche altre tecniche anche divertenti per farlo. Per le grandi industrie invece è possibile ottenere da esse del ottimo compost. Quello che invece pochi sanno è che da questi scarti si possono anche estrarre principi attivi essenziali per la creazione dei cosmetici;
- Sottoprodotti lattiero-caseari: tanto scarto non sono, poiché possono essere utilizzati dalle industrie in molti modi. Ad esempio per la produzione di integratori alimentari o come additivi ed infine per i mangimi degli animali;
- Scarti di pasticceria e panetteria: ogni giorno panifici di tutto il mondo gettano via il pane e i prodotti da forno invenduti. Anch’essi possono essere riutilizzati per la produzione di cibi animali, ma anche per la produzione di un biogas.
Conclusioni
Concludendo quindi possiamo dire che esistono tantissimi modi per dar nuova vita ai prodotti alimentari ritenuti di scarto. Molte aziende si stanno già impegnando per farlo. Noi nel nostro piccolo, cerchiamo di collaborare riciclando e dando nuova vita agli “scarti” alimentari domestici, li dove è possibile. In questo modo cerchiamo di incamminarci in un futuro migliore e in un mondo meno inquinato.