Di vini nel nostro paese ce ne sono di varie tipologie. Tra i primi ad avviare coltivazioni di vite sono stati gli Enotri, ovvero gli attuali abitanti della Basilicata. Furono loro a perfezionare nuove tecniche e conservazione. Ma il vino degli antichi romani, avevano lo stesso sapore di oggi?
All’epoca dei antichi romani il vino veniva prodotto con tecniche di coltivazioni apprese da Greci ed Etruschi. Era totalmente diverso il modo di coltivare la vite in quel periodo: non ricevevano chissà quante cure – anzi – l’uva veniva spesso e volentieri abbandonata a se stessa e cresceva quindi in uno stato selvatico.
A differenza di quanto invece avviene oggi: ci si prende molta cura di ogni singolo grappolo d’uva in modo da preservarne l’autentico sapore e riuscire nella produzione di eccellenti vini. Non è un caso che l’Italia è tra i migliori produttori di vini al mondo. Il nostro vino ha un gusto unico e inconfondibile, per questo viene preferito a quelli di molte altre nazioni.
Com’era il vino degli antichi romani? La verità
Questo nettare degli Dei ha subito una vera e propria evoluzione nel tempo. Il vino degli antichi romani aveva un sapore tutt’altro che simile a quello che beviamo oggi quotidianamente. Secondo la storia, le prime coltivazioni si ebbero in Campania, ai piedi di due monti Massiccio e Petrino. Era la zona ideale essendoci un clima caldo con una giusta umidità. Questo permetteva una raccolta di grappoli molto abbondante. L’unico inconveniente però era che non c’erano però molti modi di poterlo conservare.
Con quelli più maturi si produceva il vino per l’Impero Romano, mentre invece con quelli considerati più acri – una sorta di scarto per intenderci – veniva fatto quello da poter dare agli schiavi.
Considerando il modo della coltivazione, ma anche quello della lavorazione, il sapore del vino era totalmente diverso da quello attuale. Quando organizzavano qualche banchetto o qualche cerimonia, il vino che veniva offerto veniva miscelato con dell’acqua calda o fredda, in base ai gusti delle persone presenti.
I grappoli migliori provenivano dalla Sicilia, i chicchi avevano un colore acceso ed erano molto succosi. Avevano, infine, una grandezza paragonabile quasi a quelle delle olive odierne.
I vini degli antichi romani: le tipologie
Ma perché veniva mischiato con dell’acqua? Questa specie di miscela veniva fatta perché – all’epoca – il sapore del vino era molto corposo, forte, non aveva quindi quella liquidità che oggi hanno i nostri vini. La consistenza era fangosa, quindi era d’obbligo aggiungerla: era impossibile riuscire a berlo senza diluirlo.
In molti hanno fatto delle ipotesi azzardate su questa consistenza e sulle modalità di conservazione del vino stesso. Secondo alcuni esperti, per conservare a lungo il vino, l’acqua che veniva aggiunta, era di mare quindi salata. In modo, il sale consentiva di tenerlo nelle botti più a lungo integro.
C’erano diverse tipologie di vini già in quell’epoca. In alcune varianti venivano aggiunte varie tipologie di spezie. Queste però dovevano essere dal sapore dolce, oppure delle particolari polveri, in modo che rendessero la bevanda quasi melmosa.
Mentre i vini più desiderati, erano quelli de’ Le Apianae, che aveva un sapore molto aromatico: le uve con cui veniva prodotto erano raccolte quasi a fine stagione. Questo permetteva ai chicchi una maturità maggiore: questo però provocava un inconveniente, il suo odore dolciastro attirava migliaia di insetti.
Altre tipologie di vino molto popolari all’epoca, erano il Rhaetica (un vino prodotto al nord Italia, precisamente nel Veneto) e la Buririca. Proprio da queste due tipologie di vini, è nato il famosissimo Bordeaux. Ce ne sono tanti altri che potremmo citare, ma le varietà più richieste in quel periodo erano essenzialmente queste. Secondo gli esperti, ogni variante si avvicina pochissimo al sapore attuale del nostro vino. Forse, se fosse nati in quell’epoca, il vino magari non sarebbe più rientrato più tra le bevande che preferite.