Il Castello di Roccamandolfi in Molise è un luogo di grande interesse storico ed artistico. Il nome del paese è legato al castello ed è di chiara ispirazione longobarda (e non romana). Non a caso il Castello fu costruito in epoca longobarda per volontà di Maginulfo, nobile di sangue reale. Successivamente in epoca normanna il castellano di Roccamandolfi divenne il conte Carlo Pannone, discendente di un’antichissima casata originaria del Molise.
Nel 1195 trovò rifugio nel Castello un personaggio di spicco della corte normanna, Ruggero di Mandra, che tentò invano di resistere all’assedio fino alla sua resa alle truppe imperiali. Nel 1220 con un Decreto Regio Federico II ordinò l’abbattimento di tutte le fortezze italiane che potessero rappresentare un pericolo, tra cui Roccamandolfi. Ma il conte Tommaso da Celano, insieme all’appoggio dei figli e della consorte, disobbedì al re e iniziò la resistenza. Approfittando però di un momento di debolezza in cui nel maniero c’era solo la moglie del conte Giuditta, le truppe del re ebbero la meglio.
Nel 1269 Carlo I d’Angiò assegnò il feudo di Roccamandolfi e il Castello a Tommaso d’Evoli, poi nel 1272 a Berengario di Tarascona. Alla morte di quest’ultimo nel 1278 il feudo passò a Fulcone di Roccafolia e dei suoi eredi fino al XIV secolo che divenne di proprietà della famiglia degli Artois, poi della famiglia Gaetani e infine della famiglia Perez.
Nel ‘500 una serie di famiglie nobili napoletane si succedettero nel controllo di Roccamandolfi (prima i Rizzo, poi i D’afflitto, poi i Pignatelli). La famiglia Pignatelli conservò la proprietà fino all’800. Durante il XIX secolo forte fu il fenomeno del brigantaggio in quelle terre. nel 1812 il brigante capo di una banda Sabatino Maligno fu ucciso e la sua testa mozzata fu esposta in una gabbia di ferro fino al 1843.
Fino agli anni ‘70 del secolo scorso a Roccamandolfi si praticava il rito della “pesatura del corpo in cambio della grazia”, collegato all’antico culto egizio di Anubi che consisteva nella pesatura del cuore dei morti (identificato con il peso dell’anima). In queste terre però sulla bilancia si poneva un bambino o chiunque chiedesse la grazia e in cambio dell’intercessione divina si offriva grano o cereali pari al peso della persona miracolata.
La duchessa di San Demetrio e Signora di Roccamandolfi, Anna Pignatelli, reclamava ardentemente delle spoglie sacre a cui rivolgere le sue preghiere e suppliche e un santo da eleggere come protettore della Chiesa di San Giacomo Maggiore. Correva l’anno 1780 e Papa Pio VI la accontentò e concesse il corpo di San Liberato martire. Dal 1794 ogni prima domenica di giugno si tiene la festa di San Liberato, le cui spoglie sono esposte ancora oggi nella chiesa.
Si tratta di una favolosa opera di ingegneria realizzata dalla ditta molisana “Michele Iezza” e si trova nei pressi dell’antico Castello. Sospeso a diverse centinaia di metri di altezza è molto suggestivo ed è consigliato a chi non soffre di vertigini.