Un gruppo di soldati si era alzato in quota a bordo di un elicottero dell’aviazione australiana. Ma quando i soldati hanno cominciato a sorvolare questa zona isolata della Papua Nuova Guinea, piena di paludi e di giungla, hanno osservato qualcosa di davvero sorprendente: un aereo ritrovato 30 anni dopo.
In Papua Nuova Guinea, un giornalista ha indagato sulla controversia relativa a un bombardiere della Seconda Guerra Mondiale. La Nuova Guinea partecipò alla guerra, stretta tra i giapponesi controffensiva alleata da sud.
Per la maggioranza, i papuani non hanno combattuto, ma entrambe le parti hanno impiegato molti di loro come “portatori”, trasportando provviste e lettighe di feriti attraverso monti e chilometri di giungla (il loro soprannome, oggi impensabile, era Fuzzy Wuzzy Angels). Quasi tutti sono morti oggi. Eppure la guerra sembra tutt’altro che lontana, soprattutto perché le sue rovine arrugginite ormai fanno parte del paesaggio.
Navi da trasporto, sommergibili e navi da guerra sommerse riposano sui fondali dei porti e in baie nascoste. Gli scafi anneriti degli aerei bombardati si trovano vicino a vecchie piste di decollo e i detriti di centinaia di aerei precipitati si trovano camuffati nelle foreste pluviali di montagna e nelle giungle di pianura. Morirono così tanti soldati, tra cui molte centinaia di giapponesi di cui non si hanno più notizie, che ancora oggi, dopo forti piogge, gli abitanti dei villaggi ritrovano scheletri che emergono nelle paludi di mangrovie come mummie in un film dell’orrore.
Non stupisce quindi che la Papua Nuova Guinea sia diventata il terreno favorito degli amanti della guerra. L’anno scorso si calcola che 4.000 persone abbiano intrapreso il difficile trekking di una settimana sul Kokoda Trail. Un percorso che attraversa le Owen Stanley Mountains, dove i soldati australiani sconfissero i giapponesi. Fino a un decennio fa solo un centinaio di persone avevano compiuto l’escursione.
Visitando i forti e le rovine delle basi giapponesi di Buna e Gona, turisti australiani, americani e giapponesi si incontrano, a volte in un silenzio inquietante. Forse più di ogni altra cosa, la Papua Nuova Guinea è divenuta un territorio di caccia per gli amanti degli “uccelli da guerra” alla ricerca di resti di aerei dispersi.
Gli appassionati cacciatori di tesori non amano altro che salire sugli aerei per le spedizioni di avvistamenti, inoltrarsi nella giungla calda e selvaggia, chiedere informazioni agli abitanti dei villaggi e affidarsi a guide locali, in attesa del momento magico in cui possono scoprire un Kittyhawk o un Bristol Beaufighter caduto dal cielo più di 60 anni fa. Tra di loro c’è una razza speciale, i recuperatori, che non solo individuano gli aerei ma recuperano pezzi di essi, per essere esportati, di solito vendendoli a musei o collezionisti privati.
Tra tutti i rottami della Papua Nuova Guinea, nessuno è famoso come il “Fantasma della Palude“, un B-17E Flying Fortress che è rimasto senza carburante durante una sventurata missione di attacco all’inizio del 1942. L’aereo ed è stato lasciato nella palude di Agaiambo, a circa otto miglia dall’interno della costa settentrionale. Lì ha resistito, intatto e più o meno intonso, per 64 anni, cioè fino al maggio 2006, quando fu ritrovato e un’impresa di recupero degli Stati Uniti lo ha disassemblato e prelevato. Ciò ha suscitato una tale polemica che all’aereo è stato vietato di lasciare il Paese. Si trova in un deposito vicino alla città costiera di Lae.
I recuperatori affermano che gli abitanti dei villaggi vicini al punto di impatto sono stati convinti a cedere la reliquia e che un capo locale ha persino celebrato una cerimonia per placare gli spiriti della palude. Ma altri papuani, che hanno un attaccamento profondo alla terra ancestrale e sono inclini a richiedere denaro agli estranei solo per mettervi piede