“A Roma gli organi non significano nulla se nel tempo stesso non presentano una bella forma”. Con queste parole il celebre Goethe nel suo Viaggio in Italia nel 1787 parlava di una delle più affascinanti e particolari mete del Grand Tour del Settecento ossia l’Ospedale Santo Spirito. Oggi l’Accademia di storia dell’arte sanitaria è uno dei luoghi “più tristemente dimenticati” della capitale. Collocato all’interno del Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia, è visitabile solo il lunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 10 alle ore 12. Se volete conoscere la storia di questo misterioso luogo e cosa custodisce non vi resta che continuare la lettura.
Correva l’anno 727 d.C. quando il re dei Sassoni Ina, dopo l’abdicazione, aveva istituito la Schola Saxonum per ospitare i suoi concittadini venuti a Roma in pellegrinaggio sulla tomba dell’apostolo Pietro. L’ospedale vero e proprio fu fondato nel 1198 da Papa Innocenzo III e fu aggiunta anche una ricca biblioteca, una spezieria e un teatro anatomico. Nei secoli successivi il luogo viene abbandonato per lunghi periodi e in altri subisce ampliamenti.
Nel Settecento, il Accademia di storia dell’arte sanitaria, raggiunge la sua struttura attuale. A partire dalla seconda metà del Settecento per motivi didattici e tecnico-scientifici si formò il nucleo collezionistico primario. Nell’Ottocento nomi illustri come Giuseppe Flajani e il chirurgo di Pio IX Giuseppe Costantini si dedicarono al riordino della collezione. Seguì poi un periodo di totale abbandono. Nel 1911, in occasione dell’Esposizione Universale di Roma, nacque il museo dell’arte sanitaria grazie a un’idea di Borgatti, Capparoni e Carbonelli. Fu anche ricostruita una farmacia romana del XVII secolo e un laboratorio di alchimia. Il museo però fu inaugurato solo nel 1933.
Il Museo dell’Arte Sanitaria è distribuito da nove ampi locali il più grande dei quali è la sala Alessandrina, al piano superiore ci sono la Sala Flaiani, la sala Capparoni, la Sala Carbonelli, la ricostruzione della farmacia del XVII sec e del Laboratorio alchemico.
Vediamo in breve cosa si trova nei locali e nelle sale dell’Accademia di storia dell’arte sanitaria di Roma.
Il museo si dispone su nove ampi locali di cui il più importante è la Sala Alessandrina. Il nome si deve al papa Alessandro VII Chigi che la fondò nel 1665 come ricovero per i feriti. Sulle pareti troviamo opere di ignoti raffiguranti fegato e sistema linfatico ed appartenenti a Guglielmo Riva (1627-1677), un celebre chirurgo dell’ospedale romano della Consolazione.
Questa sala prende il nome dal chirurgo Giuseppe Flajani ovvero dal primo direttore del Museo. Conserva una collezione di cere ad uso didattico e da un vasto campionario di deformità naturali. Molto interessante della collezione delle cere è uno studio ostetrico dell’utero in gravidanza a grandezza naturale nelle diverse fasi della gestazione.
Qui a colpire sono gli ex voto moderni, etruschi, greci e romani, ma anche clistere in avorio, antichi speculum e diversi strumenti chirurgici dalla preistoria ai giorni nostri. C’è anche una collezione di 9 farmacie portatili che erano usate dai ricchi e da uomini illustri durante i lunghi viaggi. Una di queste era di Lord Byron. Molto interessante è poi il Corno di Liocorno o Unicorno: in realtà era un dente di narvalo, un cetaceo ma per secoli si è pensato appartenesse a una creatura magica mitologica simile ad un cavallo alato e noto come Unicorno.
Qui si tenevano le lezioni di medicina e oggi ci sono microscopi di diverse epoche, dei vecchi occhiali e anche la mano di una bambina che ebbe la meningite, nel 1881 che venne poi “metallizzata” da Angelo Motta. Colui che morì prima di rendere noto il segreto della metallizzazione dei corpi.
Non mancano anche strumenti ostetrici come i forbici, anche materiali da farmacia rinvenuti da Pompei. In una vetrina si trovano anche alcuni erbari del Settecento, diplomi medici, di farmacista e di aromatario.
Qui troviamo una fedele ricostruzione di un’antica farmacia del XVII secolo. Un banco di legno massiccio che si trova all’ingresso, scaffali con vasi artistici in cui venivano conservati i principi attivi dell’antica farmacopea.
La stanza del Laboratorio Alchemico riproduce un laboratorio alchimistico con un camino del Quattrocento, all’interno è collocato l’athanor, il tipico forno dell’alchimista, su cui poggia un alambicco e accanto c’è una cucurbita, una specie di distillatore.
Troviamo anche sul muro la riproduzione della Porta Alchemica detta anche porta Ermetica o Porta Magica. Non manca anche un mortaio in pietra con serratura del settecento utilizzato per la preparazione e conservazione della Theriaca, una sorta di panacea le cui origini risalgono a Mitridate che la fece confezionare a scopo antivenefico
Sull’Architrave in ebraico troviamo la scritta “RUACH ELOHIM” Spirito divino. Sulla soglia leggiamo “SI SEDES NON IS” che può essere letto da sinistra a destra (“Se siedi non procedi”) e da destra a sinistra (“Se non siedi procedi”). I